Roma Regina Aquarum
Installazione multimediale per il Natale di Roma 2774, 21 aprile 2021
Un progetto di illuminazione architetturale che ha animato due fontane paoline - la Fontana dell'acqua Paola di piazza Trilussa e la fontana “mostra” dell’acquedotto, nota come Fontanone del Gianicolo.
L'installazione “Roma, Regina Aquarum” ripercorre attraverso un racconto sonoro la storia delle acque di Roma mentre un gioco di luci dinamiche prende vita andando ad evidenziare le fontane, i loro dettagli, la simbologia degli stemmi e delle statue, l’epigrafe, la complessità delle geometrie.
Le due fontane sono state illuminate, per il Natale di Roma, alternando momenti statici di pura illuminazione architetturale ad atmosfere di luce che mutano in sync con la musica che accompagna il racconto, a cominciare dal crepuscolo.
Il progetto artistico è a cura di Daniele Davino, mentre il testo del racconto “Roma Regina aquarum” è di Elisa Rocca.
Roma Regina Aquarum
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Roma regina delle acque
Sorta sulle sponde di un fiume “dal corso ameno con salti rapidi e biondo per il molto limo” come Virgilio lo descrive.
Il Pater Tiberinus, il Tevere: fiume generoso, che per quattro secoli ha placato da solo la sete dei primi abitanti e ha trasformato Roma nella capitale di un Impero.
Roma dalle infinite fonti che scorrono nel suo sottosuolo, protette dal dio Fons e dalla ninfa Egeria, e celebrate ogni anno nella festa dei Fontinalia.
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Roma dominatrice delle acque, con gli 11 acquedotti che in età Repubblicana e durante l’Impero si costruirono per interesse pubblico e orgoglio civico, cercando sorgenti in ogni direzione:
Ad est l’Aqua Appia, l’Aqua Ania, l’Aqua Marcia tutte fonti della valle dell’Aniene, poi l’Aqua Virgo la cui scoperta, leggenda narra sia dovuta ad una giovane fanciulla, ma che certo si distingue per la sua purezza, e ancora ad est l’Aqua Claudia proveniente dai monti Simbruini e infine l’Aqua Alexandrina;
A nord l’Aqua Alsietina sottratta al lago di Martignano, e l’Aqua Traiana che trae origine dal lago di Bracciano;
Infine a sud l’Aqua Tepula così detta per la temperatura mite che la zona vulcanica dei Colli Albani le conferisce, e l’Aqua Iulia che insieme a lei viaggia in condotti segreti e paralleli.
Così racconta di Roma, il geografo greco Strabone:
“Tanta è l’acqua degli acquedotti, ch’essa scorre per la città e per i canali sotterranei alla maniera dei fiumi: e quasi ogni abitazione ha cisterne, canali e serbatoi in gran numero”.
Magnifiche opere di ingegno gli acquedotti romani!
Sono l'elemento che, più di ogni altro, ha reso possibile la supremazia della città di Roma e l'affermazione della sua civiltà.
Esportato il loro modello in tutto l’Impero, si riconoscono in superficie dagli ampi archi che ne custodiscono i condotti. Ma spesso l’acqua scorre segreta, sotterranea, convogliata in tubi di piombo o terracotta, alimenta le terme e i bagni pubblici, le piscine dei privati, gli abbeveratoi per gli animali…
“E chi vorrà considerare con attenzione…– scriveva Plinio il Vecchio – la distanza da cui l’acqua viene, i condotti che sono stati costruiti, i monti che sono stati perforati, le valli che sono state superate, dovrà riconoscere che nulla in tutto il mondo è mai esistito di più meraviglioso”.
E’ sul dominio dell’acqua che viene eretto l’Impero, rendendo noti al mondo intero la perizia e la magnificenza di un popolo, a quel tempo, senza eguali…
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Il declino dell’Impero dischiude le porte al Medioevo: Roma assediata è condannata alla sete dagli invasori Goti che danneggiano le tubature imperiali; ed è una Roma spopolata, quella costretta a tornare ad abbeverarsi al fiume…
Ed ecco riapparire per le vie della città, gli antichi acquari o acquaioli, che con i loro muli carichi di barili si muovono per la città per vendere l’acqua prelevata a Ponte Milvio e poi filtrata, per dissetare i Romani.
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E’ la Roma pontificia, tredici secoli dopo l’ultimo acquedotto imperiale, a volere il ritorno dell’acqua potabile nell’Urbe. Destinata primariamente alle ville papaline quest’acqua venne poi “generosamente” offerta anche alla plebe…
E’ dunque Acqua Felice, quella destinata ai colli Viminale e Quirinale voluta da Sisto V e battezzata col suo nome secolare; è Acqua Paola quella portata qui sul Gianicolo da Paolo V per dissetare Trastevere sì, ma dopo i giardini vaticani, ed è Acqua Pia l’antica Acqua Marcia, “abbondante e ottima”, ripristinata da Pio IX.
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Roma dalle duemila fontane a glorificare la magnificenza di tutte le sue fonti, ad abbellire i suoi giardini, o le facciate dei palazzi.
Dapprincipio furono le “Mostre”, fontane imponenti, che dovevano appunto “mostrare” pubblicamente la limpidezza delle acque portate in città da sorgenti lontane: coincidono con il termine finale dell’acquedotto che le alimenta per omaggiarne il committente.
Ma poi fu il puro piacere estetico, la gioia fanciullesca di vedere l’acqua zampillare in mille variazioni e le fontane divennero opere d’arte monumentali.
I migliori artisti furono chiamati nei secoli a onorare con opere in marmo e bronzo il liquido prezioso. Sono dunque Bartolani, Bernini, Della Porta, i Fontana, Landini, Guerrieri, Rainaldi, Salvi con Pannini, Sansovino, Sormani, Vanvitelli, Valadier e mille altri… a far giocare l’acqua tra delfini e tartarughe, a farla scorrere ai piedi di un Mosè o tra le gote di un Tritone, a raccoglierla in Barcacce o sotto navicelle, a farle celebrare i Quattro Fiumi, e Oceano, e Nettuno, le Nàjadi e la Dea Roma, a farla uscire da un grottesco Mascherone, o dalle fauci dei leoni…
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E infine Roma dai tremila nasoni, le fontanelle di acqua potabile sparpagliate per le vie della città, ad aspettare quale dono prezioso, i romani assetati e i turisti accaldati dal troppo camminare.
Dispensatrici di acqua corrente sempre fresca con quel caratteristico rubinetto ricurvo, che ricorda un grande naso da cui prendono il nome popolare, quello con cui s’impara a chiamarle sin da bambini.
Volute da Luigi Pianciani, primo sindaco della capitale del Regno unificato, per portare acqua potabile a tutte le borgate, sono ancora oggi un esempio di civiltà impareggiabile e unico al mondo.
Perché Roma è ancora e sempre regina dell’acqua, il bene comune, il più prezioso, che la città offre da sempre, generosamente, a tutti.
Testo di Elisa Rocca